Xiaolu Guo, la Cina sono io: manifesto anti-Pechino

Un artista sfida il regime con la sua musica. Ma è costretto a fuggire. Amore ed esilio sono i protagonisti dell’ultimo libro di Xiaolu Guo. Che critica il suo Paese.


Un artista sfida il regime con la sua musica. Ma è costretto a fuggire. Amore ed esilio sono i protagonisti dell’ultimo libro di Xiaolu Guo. Che critica il suo Paese.

Xiaolu Guo s’è presentata con una battuta: «Sono ossessionata da Aleksandr Solzhenitsyn». Citare il dissidente sovietico non è proprio il miglior biglietto da visita in Cina, soprattutto per la 41enne artista che si divide tra la carriera di registra e quella di scrittrice.

CRITICHE A PECHINO. Il suo ultimo romanzo - La Cina sono io (edito in Italia da Metropoli d’Asia) - descrive, attraverso i suoi protagonisti, la generazione perduta di Tienanmen.
L’intreccio ruota attorno al manifesto politico scritto dal protagonista: «La Cina siamo noi. Il popolo. Non lo Stato», si legge nelle ultime righe di quei volantini che il personaggio di Xiaolu lancia alla folla durante un suo concerto. Che poi è anche l’ultimo della sua carriera: quelle parole lo costringeranno alla censura e all’esilio.

REGISTA E SCRITTRICE. «Le recensioni che ho ricevuto sono molto buone», ha detto Xiaolu. Che ha spiegato come «sono tutti molto gentili con me», pur precisando che le «domande sono simili tra loro»: «Mi chiedono molto di politica e poco di letteratura, ma io sono una scrittrice, dopo tutto», ha ammesso. Anche perché ha all’attivo una decina tra film e documentari e altrettanti romanzi, di cui gli ultimi cinque scritti in inglese.

LIBRO TRA I TOP 10. Il suo ultimo romanzo è addirittura stato inserito nella classifica di fine anno del quotidiano di Hong Kong South China Morning Posttra i 10 migliori libri sulla Cina del 2014.
Un libro uscito in occasione dei 25 anni dalla strage di Tiananmen, che il quotidiano di Hong Kong non si stanca mai di ricordare, nonostante la censura che vorrebbe imporgli Pechino.
La storia d’amore che scava nel passato della Cina

Il libro narra una storia d’amore che attraversa tre decadi e tre Continenti. A Londra, nei giorni nostri, c’è una giovane e inquieta traduttrice, Iona, che viene contattata dall’editor di un’importante casa editrice e si trova tra le mani un plico contenente lettere e stralci di diario scritti in cinese.

In una delle sue rarissime apparizioni a una festa del mondo editoriale, la donna si ricorda di quando l’editor aveva detto: «Una volta pubblicavamo biografie di personaggi illustri, come il Dalai Lama, ma oggi non interessano più a nessuno. Attirano maggiormente le figure di secondo piano, soprattutto se collegate a qualcosa di grosso».

ROCK ANTIRIVOLUZIONARIO. Lentamente emerge la storia di Kubilai Jian, musicista punk di Pechino incarcerato e poi allontanato dalla Cina per le sue attività «antirivoluzionarie».
Non solo per il nome, il personaggio in questione ricorda molto il padre del rock cinese le cui canzoni sono state l’inno delle proteste del 1989 e la colonna sonora di quella generazione. «Sì, è ispirato a Cui Jian», ha confermato Xiaolu, «ma il mio personaggio è costretto all’esilio e condurrà in Occidente una vita estrema. Questo, ovviamente, è solo fiction».

RIFERIMENTI PERSONALI. Nel romanzo c’è anche Mu, ragazza di Kubilai e aspirante poetessa che verrà trasformata in cantante da un produttore senza scrupoli sinoamericano. La donna lotterà con la perdita di un figlio, la morte del padre dilaniato da un tumore e l’addio all’uomo che amava, costretto all’esilio dalla sua passione politica.
«Ovviamente c’è molto della mia vita personale in questo libro, ma non è un diario. La forma diaristica limiterebbe me e la portata narrativa delle mie opere», ha precisato l’autrice.

ULTIMA OPERA SCOMODA. Come Mu, anche Xiaolu - che condivide l’età dei suoi personaggi - è orfana di padre (è morto di tumore). Ma prima della scomparsa del genitore, l’artista era riuscita a documentare il viaggio della famiglia in Europa nell’opera We went to wonderland in cui due cinesi che hanno vissuto il comunismo non possono fare a meno di criticare ogni aspetto dell’Occidente.

La Cina sono io, però, potrebbe essere l’ultima opera narrativa in cui Xiaolu scava nel suo passato. E in quello del suo Paese.

Lettera43,26/12/2014

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