Yeonmi Park: “vi racconto la mia fuga dal lager Nordcorea”
L’odissea dal “regno eremita” alla tratta delle donne dei criminali cinesi: “Laggiù è come vivere sempre al buio, ci sono spie ovunque e persino i pensieri sono vietati. Ho capito che dovevo scappare quando ho visto una copia pirata del film Titanic”.
MILANO. È una ragazza magra di 22 anni, che mangia con curiosità infantile una macedonia tropicale, con frutti a lei ignoti. Dietro questa apparente fragilità è stata capace di nascondere ogni dolore, di sopravvivere alla “tratta delle donne” e di scrivere un libro forte, “La mia lotta per la libertà” (Bompiani, 18 euro), con frasi potenti e chiare.
Lei, Yeonmi Park, sino a tredici anni, prima di fuggire in Cina con sua madre abitava in Corea del Nord, nel “regno eremita”, come si autodefinisce. Ci ha vissuto, ma sostiene di aver compreso la realtà dopo la lettura di “1984” di Orwell. Com’è possibile?
“Perché in Corea del Nord vivi “dentro” e non sai niente di “fuori”. Sei al buio, Internet non esiste, e quando non circolano informa zioni nemmeno su che cosa accade a pochi chilometri, quando ci sono spie dovunque e anche i pensieri ti sono vietati…”.
Vietare i pensieri?
“Non ci era permesso sbagliare in niente, e se ti puniscono, puniscono per tre generazioni la tua intera famiglia. Il comandamento principale è che ognuno deve soffrire e sacrificarsi come il dittatore Kim Jong-il ha fatto per noi. Ci hanno convinto persino che suo padre fosse un dio eterno, così quando è morto c’era uno spavento generale. Per i nordcoreani è normale abboccare a ogni bugia, è reale ciò che per il resto del mondo è fiction”.
E non c’è nemmeno solidarietà tra disperati?
“Una volta diventata libera, “inalavo” libri, al ritmo di cento all’anno, sono grata a chi nel diciottesimo secolo ha scritto “Jane Eyre” e ha trovato le parole per esprimere la libertà. E’ dai romanzi che ho cominciato a comprendere la compassione, mentre nel mio paese mi capitava di vedere i cadaveri di chi moriva di fame in strada, e non avevo pietà, al massimo si diceva “Ce l’aveva quasi fatta, l’estate è dietro angolo”. L’empatia va insegnata, ma non può sbocciare in una prigione con 25 milioni di persone”.
Che significa “L’estate è dietro l’angolo”?
“Per voi la primavera è la stagione della rinascita della natura, per noi è la stagione della morte, i raccolti avvengono in estate e le scorte di cibo sono già finite in inverno”.
Però, una volta, lei riesce a vedere una copia pirata di un film…
“”Titanic”. Clamoroso. Ci parlavano di “bastardi americani, con gli occhi azzurri, il nasone e il sangue freddo” e valeva per tutti voi “mostri” occidentali. Quando in Titanic sentivo invece parlare d’amore, e vedevo quei tovaglioli, i bicchieri, e anche i piatti con tanto di quel cibo… Bisognava fuggire e l’abbiamo fatto, rischiando più volte di finir male”.
Il racconto degli inganni dei trafficanti cinesi di esseri umani ai danni delle ragazze coreane, con matrimoni a pagamento e violenze, sembra provenire da un altro secolo. E lei si tiene dentro queste prove durissime, anche quando va a scuola, finalmente nella libera e competitiva Corea del Sud, finché arriva un giorno in cui, in Irlanda, parlando in pubblico, s’è accorta che la gente piangeva con lei…
“Sì, allora ho deciso che dopo tanti libri letti dovevo scrivere uno io, senza omissioni. Per noi orientali parlare di sesso, verginità, violenze è complicatissimo. Vede, voi in Occidente se avete emozioni le mostrate, io provengo da un posto dove si doveva ubbidire con sentimento a ogni prescrizione del governo e questa “dittatura emotiva” è la cosa peggiore che si può imporre a un altro essere umano”.
Sa, Yeonmi, che alcuni politici italiani parlano benissimo di Kim Jong-il?
“Dai, è una barzelletta?”.
Pura verità.
(Ride stupita) “La gente crede cose inimmaginabili, ma amo talmente la libertà in questo momento che qualsiasi cosa dicano mi va bene. Comunque mi piacerebbe proporre uno scambio, loro mandano un po’ di loro amici a vivere in Corea del Nord e io finalmente porto i miei parenti qua da voi”.
Con quello che ha passato, davvero si sente fortunata?
“La mia non è una storia unica, è uguale a quella di tanti “disertori”, come ci chiamano. Molte ragazze che, come me, sono finite nelle mani dei trafficanti di esseri umani, e non ce l’hanno fatta. Io invece sto qui, posso parlarne al mondo, e so che accanto alla fortuna in questo mondo c’è la giustizia. Fuori dalla Corea del Nord, ma c’è”.
“Come una pianta in grado di crescere sulla nuda roccia”, questo si diceva di suo padre, lei gli somiglia?
“Sarei poco umile a paragonarmi a papà e alle sue sofferenze, è morto senza sapere che esistono i diritti umani. La vita è stata per lui solo ingiustizia, eppure è rimasto ottimista, forse ho ereditato da lui la qualità di lottare per dar voce ai Nordcoreani”.
E pensare che sua madre le ordinava “Acqua in bocca”.
“Diceva per proteggermi che anche i topi e gli uccellini ci sentivano, ora che ho rotto la diga voglio fare più rumore possibile”.
Repubblica,it,06/11/2015
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