Yulin Festival, in Cina il primo rifugio italiano per i cani scampati al macello

L’iniziativa di David Acito, attivista italiano che cerca di combattere lo sterminio annuale dei cani destinati alle tavole dei ristoranti cinesi: «Non basta salvare gli animali poi devono essere accuditi e curati».

Ambulatorio, zona quarantena, casetta autonoma per i custodi, zona lavaggio, cucine, 8 piccoli edifici climatizzati con uscita completamente libera nel giardino e telecamere per seguire in tempo reale tramite webcam la vita quotidiana dei fortunatissimi cani che, sfuggendo all’orrore del Festival di Yulin atterreranno fra le confortevoli braccia di Davide Acito, l’attivista italiano che per la terza volta è in partenza verso la Cina per cercare di combattere lo sterminio annuale dei cani destinati alle tavole dei ristoranti dei cinesi.

Sono queste le caratteristiche dell’Island Dog Village, il primo rifugio tutto italiano che sorgerà, anzi che sta sorgendo visto che i lavori sono già in ottimo stato di avanzamento, in Cina per accogliere i cani che Acito e il suo Action Project Animal APA riusciranno a sottrarre al massacro in programma per giugno. Anche quest’anno, come ogni anno dal 2009 quando è nato, il Festival di Yulin riproporrà l’orrenda visione di centinaia e centinaia di cani, ammassati in gabbie minuscole e arrugginite, in vendita in un mercato arraffazzonato a cui si rivolgono soprattutto i proprietari di ristoranti dove ancora la carne di cane viene cucinata come una prelibatezza irrinunciabile.

Una crudeltà che si ripete ogni anno in onore della credenza popolare che vuole la carne di cane capace di trasmettere forza e virilità a chi la mangia, soprattutto se il cane è stato ucciso con grande sofferenza. «Il nostro sogno si sta realizzando – spiega Davide – stiamo lavorando giorno e notte per avere un nostro centro del tutto autonomo, dove i cani che salviamo possano vivere fino all’adozione con tutti i confort e senza usare box o restrizioni. Un vero villaggio nato pensando al loro benessere, perché non basta sottrarli al massacro, bisogna anche garantirgli un futuro». Dopo aver preso le distanze da miss Yang, l’attivista cinese molto chiacchierata per i suoi metodi, Davide Acito si presenta all’appuntamento del 2018 con le idee più chiare: «È stato un anno complicato e difficile. Non è stato facile trovarci faccia a faccia con una realtà che non avevamo immaginato.

Molti dei 200 cani salvati dal macello vicino Yulin, morirono perché erano compromessi da cimurro e parvovirosi. Ad agosto era vivo solo un terzo dei cani. I costi per farli espatriare per le adozioni estere altissimi, i rapporti con i partner e i collaboratori che avevamo a quel tempo, molto difficili da gestire. Oggi abbiamo preso le distanze da tutte quelle persone che si sono rese inaffidabili e soprattutto nocive al nostro progetto, usando nuovi riferimenti». E il nuovo progetto parte proprio dalla costruzione del rifugio. «Costerà tra i 25 mila e i 30 mila euro, perché ormai abbiamo contatti e esperienza giusta anche con le maestranze locali. Abbiamo impiegato tutto ciò che ci è arrivato dalle donazioni di privati, mettendoci anche del nostro». Lo spazio sarà moderno e funzionale, predisposto per accogliere i cani salvati dalla morte. «Lo abbiamo pensato come uno spazio il più possibile all’aperto, per far si che i cani non siano prigionieri ma possano vivere una vita dignitosa fino all’adozione».

Ma il rifugio non sarà l’unico elemento del progetto. «Ora è assolutamente chiaro che l’Island Dog Village crescerà di pari passo agli altri progetti di adozione e di sensibilizzazione che si svolgeranno soprattutto nelle scuole coinvolgendo bambini e studenti. È assolutamente fondamentale che cambi la mentalità: solo così possiamo avere qualche speranza in una vera trasformazione, sperando che tra qualche anno il dog meat trade, il triste commercio di carne di cane, sia soltanto un brutto ricordo». Intanto l’attivista è pronto a partire. «Anche quest’anno saremo a Yulin dall’inizio di giugno e ci concentreremo su due fronti: da un lato l’assalto ai camion che trasportano i cani destinati al mercato, con l’obiettivo di portarne via il più possibile. Dall’altro invece la visita diretta ai macelli per cercare di convincere i proprietari a cederci i cani prima che vengano sgozzati».


Fonte: Corriere, 31 mag 18

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